mercoledì 19 marzo 2014

Tutto sua madre: assolutamente omosessuale o assolutamente eterosessuale?

Sempre più spesso si vedono comparire film a carattere sociale/riflessivo su tutti i possibili aspetti della vita: rapporto genitori/figli, violenza su persone-cose-animali.., temi ecologici, omosessualità.
Spesso quindi tutti questi film tendono ad essere un po' ripetitivi perché in un modo o nell'altro si "copiano" tra di loro; è perciò difficile creare qualcosa di originale. Tuttavia di recente ho visto un'opera molto interessante, capace di trattare in modo comico ed ironico il tema dell'omosessualità, certa o presunta che sia. Questo film è Tutto sua madre di Guillaume Gallienne.
Il regista, che è anche il protagonista, non fa altro che portare sullo schermo la sua precedente pièce teatrale e autobiografica mettendo a nudo la sua vita e, soprattutto, il suo rapporto con sua madre.
Guillaume infatti è da sempre convinto di essere una ragazza per il solo fatto che sua madre voleva una figlia e di conseguenza si atteggia a tale non comprendendo come mai gli altri lo guardino con un occhio sospettoso, soprattutto il padre. Chiuso nella sua stanza si veste da Arciduchessa Sofia imitandone le mosse come nel suo film preferito: Sissi; ma al di fuori del protetto spazio chiuso che è la camera da letto tutti lo deridono considerandolo a tutti gli effetti omosessuale. Neanche i soggiorni in vari collegi possono cambiarlo e tanto meno cambiano le idee che gli altri hanno nei suoi confronti. Ormai anche sua madre deve ammettere che suo figlio è gay e facendo ciò lo fa capire anche allo stesso Guillaume che continua a dare per scontato di essere una ragazza.
Ciò però crea un cambiamento in lui, una crisi esistenziale che lo porta a uscire dai suoi soliti confini per esplorare altre situazioni; proprio in una di queste occasioni, una cena al femminile, conosce una donna e, guarda un po', se ne innamora. 
E' una vera e propria rivoluzione, per Guillaume in primis e per la sua famiglia che scopre di avere un figlio che credeva assolutamente omosessuale e invece è assolutamente eterosessuale.
Tutto questo il regista lo racconta alternando flashback con episodi della sua storia a momenti in cui è sul palco e quindi si relaziona con il pubblico sottostante. Ma la cosa più importante è la messa in luce del suo rapporto con la madre, figura, nel bene e nel male, centrale nella sua vita e lo stesso Guillaume lo riconosce e lo ammette a fine spettacolo ringraziandola per tutto ciò che ha fatto per lui.
Non sempre, sembra dirci, i commenti negativi o le allusioni devo essere letti come qualcosa di deleterio capaci di danneggiare, perché, spesso, al contrario servono a rafforzare il carattere o per lo meno a far riflettere a fondo sulla propria personalità, compiendo un lavoro di ricerca d'identità che va nel profondo, nell'inconscio più remoto. E spesso è proprio la figura materna, perché forse più vicina ai figli, che fa scaturire quel qualcosa necessario allo sviluppo della presa di coscienza. 
Guillaume l'ha capito e ce lo mostra, funge in qualche modo da guida per i suoi spettatori e per tutti noi, o per quelli che ancora non capito cosa vogliono da loro stessi.


martedì 11 marzo 2014

Rapporto uomo-macchina

Il tema di oggi è il rapporto uomo/macchina. Parlando di cinema, si sa, esso è imprescindibile; si crea un'unione unica tra il regista e la macchina da presa, soprattutto agli inizi della storia della settima arte quando ancora non c'erano dei compiti ben precisi. Questo rapporto però viene spesso usato come tema per sviluppare un storia da mostrare sul grande schermo e tanti ne sono stati in passato gli esempi... non occorre che ve ne faccia una lista.
Quello di cui vi voglio parlare oggi però è il più recente: Her di Spike Jonze. Il film racconta la storia di Theodore, impiegato di una ditta che attraverso internet scrive risposte a qualsiasi tipo di lettera, che non riesce a superare la fine del suo matrimonio anche se è passato molto tempo. Ciò fino a quando non vengono introdotti degli O.S., Operative Systems, da parte della sua società. Da questo momento in poi Theodore inizia una vera e propria relazione sentimentale con il suo OS, Samantha, che lo porta a scoprire lati del suo carattere fino ad ora sconosciuti e, cosa più importante, lo portano a superare definitivamente il precedente rapporto con la firma dei documenti di divorzio. 
Tuttavia c'è un limite, come in ogni cosa, e Theodore lo scoprirà, ma ciò non implica che per lui sia un'altra fine. 
Spike Jonze sceglie di concentrare tutta l'attenzione su di Theodore, lasciando gli altri personaggi in sottofondo come a voler completare il quadro. In questo modo anche noi spettatori veniamo coinvolti a tutti gli effetti nella sua storia; siamo felici quando lui lo è e tristi quando invece soffre e, soprattutto, diventiamo gli spettatori invisibili del suo rapporto con Samantha. 
E' difficile creare una storia in cui uno dei due protagonisti "non c'è" e se ne sente solo la voce (che in questo caso è, e non poteva essere altrimenti, della sensuale Scarlett Johansson) e mostrarne il rapporto che ne nasce. In questo il regista ha trovato un valido collaboratore nella figura di Joaquin Phoenix che ha saputo esprimere sentimenti importanti come l'amore solo parlando con un telefono, senza avere una figura "fisica" a cui dirli. Anche se in fondo il suo personaggio è consapevole che un rapporto di questo tipo non può durare a lungo si butta a capo fitto in esso e ciò gli permetterà di acquisire maggior consapevolezza di sé e di quello che vale anche in previsione del futuro. Infatti quest'ultimo non tarda a presentarsi offrendo nuove possibilità fino ad allora impensabili.
Un rapporto di questo tipo però può suscitare pareri contrastanti, soprattutto all'interno di una società come la nostra dove la tecnologia ha ormai acquisito un ruolo chiave nelle nostre vite; può essere visto o creare degli atteggiamenti morbosi in quanto funge da sostituto a qualcosa che manca o si è perso in un rapporto o, addirittura, può portare all'isolamento dagli altri uomini. Troppo spesso infatti alla tecnologia viene affidato il ruolo di palliativo perché è più facile accendere un qualsiasi apparecchio elettrico e perdersi nei suoi recessi, lasciando fuori tutto il resto. 
Tuttavia questo film ci insegna che c'è sempre di più, che il calore che un essere umano può dare è unico e non potrà mai essere sostituito con nient'altro; basta solo cercarlo e avere la pazienza di aspettare.


martedì 4 marzo 2014

Vincitori e vinti

Lasciata passare l'euforia iniziale e pensandoci su attentamente ora sono pronta per qualche considerazione sugli Oscar. Come non farne d'altronde? Procediamo per punti:
1. era indubbio che La grande bellezza vincesse l'Oscar come Miglior film straniero perché, anche se mostra la società italiana nel peggio dei suoi comportamenti, ha saputo rivelare, svelare quel poco che c'è di buono (se non altro ha mostrato le bellezze culturali del nostro Paese).
2. era altrettanto indubbio che l'Oscar come Miglior attrice andasse a Cate Blanchett: per Blue Jasmine ha davvero colto lo spirito del regista Woody Allen diventandone il suo alter ego al femminile.
3. certa anche la vittoria di Jared Leto come Miglior attore non protagonista; oltre alla metamorfosi fisica, ormai quasi diventata una prassi per aggiudicarsi la statuetta, ha saputo rivelare il lato femminile presente in ogni uomo senza però cadere nello stereotipo del trans.
4. Miglior attore... appena ho visto Dallas Buyers Club ho capito che Matthew Mcconaughey se lo sarebbe aggiudicato. Ormai, io personalmente, mi sono rassegnata al fatto che DiCaprio non vincerà mai l'Oscar, al massimo glielo danno alla carriera (postumo addirittura?); ciò non toglie che la sua interpretazione sia straordinaria e rimane il migliore attore della sua generazione in ogni caso. 
5. stesso discorso per Martin Scorsese e la statuetta alla Miglior Regia andata ad Alfonso Cuaron; indubbiamente Gravity è un grande film (lo dimostrano le altre vittorie nelle categorie tecniche) ma, sempre personalmente, penso che fare un biopic su di una persona ancora in vita sia un'impresa difficile rispetto al classico biografico perché si deve tener conto della sua presenza, adottando perciò una sensibilità maggiore.
6. Miglior film: fino all'ultimo quei quattro film che ho citato nel post precedente erano più o meno alla pari nei sondaggi, ma come non si poteva premiare un film che fa mostra il lato debole dell'America per quanto riguarda la schiavitù dei neri? In questo modo è come se si sia "saldato il debito". Ciononostante 12 anni schiavo è un Gran film.
7. stessa cosa è più o meno successa con la categoria Miglior attrice non protagonista: la favorita (non ho ancora capito perché) era Jennifer Lawrence e invece l'Oscar è andato, per fortuna oserei dire a Lupita Nyong'o, anche sei io avrei preferito quasi Julia Roberts.
8. ultimo punto è l'Oscar al Miglior film d'animazione. Solo perché è un film Disney non significa che debba vincere per forza la statuetta, stesso discorso se fosse stato della Pixar, perché in questo caso andava a Miyazaki e al suo Si alza il vento. Sarebbe stato anche un fantastico modo di celebrare il "pensionamento" del regista che, come ha annunciato a Venezia lo scorso settembre, non avrebbe più fatto un film dopo di questo. Gli effetti speciali non sempre sono il punto di forza di un'opera, conta anche ciò che essa trasmette e quando del regista che l'ha creata ne trapeli.
Detto ciò mi ritengo sostanzialmente soddisfatta di questa 86esima edizione degli Academy Awards e particolarmente felice che l'Italia sia di nuovo in una posizione di rilievo nel mondo della settima arte!
Non potevo quindi che postare il momento in cui Sorrentino riceve l'Oscar!


domenica 2 marzo 2014

La notte per eccellenza: la notte degli Oscar

Finalmente ci siamo: stasera è la sera, è la notte degli Oscar!!! Soprattutto per noi italiani, che siamo in trepidante attesa da quando sono state annunciate le nomination a gennaio, questa è la sera in cui sapremo se finalmente ci porteremo a casa un tanto sospirato Oscar. Ormai diciamo nostro in senso collettivo perché La grande bellezza è sì il film di Sorrentino, ma è anche, e soprattutto, il film dell'Italia intera. Diciamocelo: ce lo meritiamo proprio!
Però altre sono le categorie a cui prestare attenzione e su cui tutti i critici hanno un occhio puntato...
Una su tutte la categoria per il Miglior attore; gli attori nominati sono veramente il top del top ed è quindi davvero difficile fare una scelta che non deluda qualcuno, ma uno su tutti meriterebbe l'Oscar, quell'Oscar che da sempre gli è stato negato: Leonardo DiCaprio. E' indubbio che DiCaprio sia il miglior attore della sua generazione e, come tanti altri big, per un motivo o per un altro (si parla ormai di congiura) non ha mai ricevuto la statuetta. Proprio per questo e, naturalmente per l'eccellente interpretazione di Jordan Belfort in The Wolf of Wall Street, sarebbe ora che la ricevesse. Strettamente collegato a lui non si può non citare Martin Scorsese per la Miglior regia (rientra anche nella categoria per Miglior film).
La sfida è aperta anche nella categoria, mai sottovalutarla, Miglior film d'animazione. Soprattutto tre sono, secondo me, i film che si giocano il tutto per tutto: Frozen, Si alza il vento e Ernest & Celestine tutti provenienti da Paesi diversi.
Sembrano quasi certe invece le vincitrici delle categorie Miglior attrice, Cate Blanchett, e Miglior attrice non protagonista, Jennifer Lawrence (anche se io personalmente ho qualche riserva per la seconda). Per il Miglior attore non protagonista ci potrebbero invece essere delle sorprese... io la mia scelta l'ho fatta vedremo se sarà esaudita.
Tralasciando le altre categorie (non perché siano meno importanti ma solo più tecniche) concluderei con quella che probabilmente è la più importante: Miglior film. Ardua è la scelta tra i nove titoli nominati, ma restringerei il campo a quattro: The wolf of Wall Street, Gravity, 12 anni schiavo e American Hustle. Perché? Non perché gli altri cinque siano meno importanti, adoro Nebraska e Her, Captain Phillips mi ha fatto restare col fiato sospeso per tutto il tempo, Dallas Buyers Club è davvero spettacolare e Philomena è forse l'unico che non avrei messo in lista. Ho ristretto la lista perché questi quattro sono quelli che maggiormente hanno "attirato l'attenzione". Tuttavia non è detto che uno di loro vinca; si sa che con gli Oscar non c'è mai una vera certezza.
Di proposito ho scelto di non rivelare le mie preferenze (ho fatto anch'io il mio toto Oscar!) per non influenzare nessuno e perché, per quanto un critico debba essere oggettivo, in fin dei conti ci lascia sempre un po' di soggettività nei suoi giudizi.