domenica 17 agosto 2014

Shutter Island: l'isola della mente

Bon jour! E' da un sacco di tempo che non scrivo (ultimamente non ho molto tempo per vedere film), ma finalmente sono riuscita a vedere una pellicola che avevo voglia di guardare da molto tempo. L'opera in questione è stata realizzata da uno dei maggiori registi italo-americani contemporanei: Martin Scorsese mentre il film è Shutter Island.
L'agente federale Edward Daniels viene mandato, su sua richiesta, insieme ad un collega sull'isola di Shutter Island dove ha sede un istituto di cura per criminali malati di mente per risolvere un anomalo caso di sparizione. Qui risiedono i pazienti più pericolosi e nessuno può scappare: l'unica via d'uscita è il molo sorvegliato ventiquattrore su ventiquattro da guardie armate; eppure una di loro sembra esserci riuscita. Però questo non è il solo motivo perché Teddy è venuto; sa che detenuto qui c'è anche il piromane responsabile dell'incendio che uccise sua moglie e i suoi figli. E' determinato a parlargli per risolvere i conti aperti col passato e smettere finalmente di avere incubi. Tuttavia sia i medici che i poliziotti che lavorano nell'istituto sembrano cercare in tutti i modi di ostacolare le indagini; sembra che vogliano nascondere la verità sull'evasa, ma anche sugli esperimenti che stanno compiendo sui pazienti. Il caso si infittisce e Teddy inizia a sospettare di tutti, anche del suo collega che scompare misteriosamente... ucciso? scappato?
L'agente sembra essere vicino alla soluzione quando trova, in una grotta celata tra le scogliere dell'isola, la presunta paziente scomparsa che in realtà si rivela essere una stimata psichiatra costretta a nascondersi perché non condivide più i metodi sperimentali adottati dai suoi colleghi che prevedono l'uso della lobotomia per calmare i detenuti. Queste barbare operazioni, rivela, si svolgono all'intero del faro; Edward è deciso ad andarci perché crede che il suo compagno sia stato portato lì, ma quando arriva scopre che la realtà è ben diversa...
Il regista mette a dura prova lo spettatore, gioca con la sua mente facendogli credere, come ha fatto con lo stesso protagonista, ciò che vuole ma che non è necessariamente la verità o la realtà. Noi diventiamo Teddy, riviviamo con lui i suoi incubi, il massacro avvenuto nel campo di concentramento di Dachau di cui è stato testimone e le continue visioni che ha della moglie morta che lo esorta a scappare dall'isola. Lui si sente colpevole per non essere riuscito a salvare tutti quegli ebrei, in particolare una bambina che in ogni sogno lo accusa di non essere arrivato in tempo e che spesso si affianca alla figura della moglie causandogli dolorose emicranie. Tutto ciò lo spinge a cercare ancora di più la verità nascosta tra le spesse mura dei padiglioni del centro, a cercare il piromane che ha distrutto la sua vita per perdonarlo o per ucciderlo; non c'è via di mezzo. Nei giorni che passa sull'isola però si scontra con la sua figura antitetica: il dottor Cawley. Quanto il primo si lascia guidare da emozioni e sentimenti tanto il secondo è razionale e metodico, pronto a sperimentare nuovi metodi in nome della scienza. 
Scorsese si serve di queste due figure per costruire la storia del film; le mette ai lati della stessa scacchiera e osserva cosa succede, chi farà scacco matto a chi. Le mosse fatte da entrambi si basano su un profondo gioco psicologico costituito da continui tranelli che alterano il corso dei successivi eventi. Teddy, e di conseguenza noi, crede di avere la vittoria in pugno, pensa di essere vicino a scoprire la verità, ma è davvero questa la verità? Alla fine lui capisce quale essa sia, anche quando appare chiaro l'esito, ma sintomatica è l'ultima frase che pronuncia prima di avviarsi incontro al suo destino: "Cosa sarebbe peggio? Vivere da mostro o morire da uomo per bene?" Con questa conclusione dimostra allo psichiatra che sa ma che preferisce nonostante tutto l'altra opzione.
La frase non va sottovalutata e il regista ha deciso di concludere il film così per farci riflettere, lasciare aperta una finestra di discussione sui meccanismi messi in moto dalla mente umana per difendersi da un dolore a cui non riesce a far fronte altrimenti. E', sembra suggerire, un modo per non giudicare, ma provare a capire e comprendere.
Non tutti ne sono capaci, ma magari dopo aver visto questo film ci si sforzerà un po' di più.
                                                                                                                                        4 e mezzo