venerdì 5 febbraio 2016

Revenant: la sfida di DiCaprio

Eccomi di nuovo qui! 
E' tempo di iniziare a parlare un po' dei film in lizza, per una nomination o per l'altra, all'Oscar, la famosa statuetta placcata oro sogno o incubo di molti nel mondo della settima arte. Oggi in particolare ho scelto di proporvi il film su cui forse si riversano le maggiori attese, se non altro per il suo protagonista notoriamente sfortunato in tale circostanza... Avete capito a quale mi riferisco? Esatto: Revenant di Alejandro González Iñárritu.
Anni '20 del 1800. Un gruppo di soldati americani, cacciatori di pelli, viene attaccato da degli indiani che vogliono riprendersi ciò che è loro. In pochi, una dozzina, si salvano e guidati da Hugh Glass, l'uomo che meglio di tutti conosce quelle terre impervie e pericolose, cercano di far ritorno al loro fortino. Nascosto il bottino in attesa di tempi migliori il manipolo si mette in cammino, ma ben presto Hugh viene attaccato e quasi ucciso da una femmina di Grizzly. In fin di vita, per volere del comandate, viene trasportato fin quando possibile poi lasciato in custodia al figlio, a un giovane e ingenuo soldato e al cacciatore Fitzgerald che cerca ben presto, nonostante la promessa fatta, di liberarsi di lui per raggiungere gli altri e riscuotere il premio promesso. Lasciato solo, dopo aver assistito all'omicidio del figlio per mano dello stesso Fitzgerald, a Hugh non rimane che la sua voglia di vendetta per non soccombere alla morte e continuare a lottare...
La realizzazione del film ha inizio già nel 2001 e, dopo vari tentativi andati a male e più sostituzioni, si è giunti alla regia di Iñárritu che fin da subito ha impresso il suo stile all'opera. La trama si ispira, almeno parzialmente, alla vita del cacciatore di pelli Hugh Glass che, nonostante le numerose e mortali ferite riportate dopo l'attacco di un Grizzly, è riuscito a sopravvivere. 
Le riprese sono state effettuate tra il Canada e la Terra del Fuoco in Argentina, ambientazioni ottimali per descrivere e ricreare al meglio i paesaggi in cui si è mosso il cacciatore; il clima prevalentemente freddo e rigido (le scene sono state girate in autunno e in inverno) ha sfiorato minime di -30° mandando persino in tilt le camere degli operatori. Tutto ciò però ha contribuito a rendere la recitazione del cast molto più convincente. Inoltre, per volere dello stesso regista, non si è fatto ricorso né alla CGI né al green screen per far sì che gli sforzi e la fatica fatta fossero davvero reali.
Un grande aiuto arriva anche dal direttore della fotografia, Lubezki; la pellicola infatti è interamente girata con luce naturale e prevalentemente in esterno (non a caso una delle varie Nomination agli Oscar è proprio per la fotografia). Magistrali sono alcuni scorci, i tramonti con quel bagliore di fuoco e l'immortalare la forza degli elementi come il fiume in cui si getta Glass per scampare ad un assalto indiano. La natura viene qui esaltata in tutta la sua magnificenza e crudezza.
Una parentesi però va dedicata (altra candidatura) al protagonista: Leonardo DiCaprio. Non serve spendersi sulla sua capacità attoriale ormai consolidata e assicurata; anche in questo caso dà una performance più che eccellente entrando completamente nei panni di Hugh Glass. Tra carichi di oltre 45 kg sotto forma di pellicce di alce e orso e bronchiti provocate dal lavorare a -40° DiCaprio rivela la vera essenza, quella più intima dettata dalla rabbia e dal desiderio di vendetta, del cacciatore. Non dimentichiamo poi che per 3/4 del film non proferisce parola e l'unico suono che emette è un roco gorgoglio; tutto si gioca sulla fisicità a cui spetta il compito di esprimere un ampio spettro di emozioni. Solo, mortalmente ferito, questa sottospecie di supereroe sopravvive trascinandosi sui gomiti, mangiando erba, non congelandosi dopo un lungo bagno nel fiume ghiacciato e uscendo persino illeso dopo un salto in un burrone con conseguente schianto su di un albero.
Tralasciando questi eccessi, che d'altronde rientrano tra gli stilemi di Iñárritu, il film riesce a catturare l'attenzione del pubblico concludendo con un finale aperto che lascia spazio alle interpretazioni del singolo sul destino di Hugh.
                                                                                                                                      4 e mezzo 


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