martedì 1 marzo 2016

Room: la fuga dal micro al macro

Bonsoir mes chèrs! Il film della serata è un'opera che merita di essere vista il maggior numero possibile di volte per la sua bellezza, ma soprattutto per il contenuto di cui tratta. Inoltre si è appena portato a casa anche l'Oscar come Miglior attrice protagonista. Capito di quale parlo? Esatto, è Room di Lenny Abrahamson.
Jack, bimbo di cinque anni, vive con sua madre Joy nella "Stanza", un angusto spazio isolato dal resto del mondo per volere di "vecchio Nick". La donna infatti sette anni prima è stata rapita, ancora adolescente, dall'uomo che da quel momento l'ha rinchiusa nel capanno del suo giardino impedendole di uscire e abusando ripetutamente di lei. Da questo malsano rapporto è nato Jack che altro non conosce se non quei pochi metri quadrati; ogni giorno, appena sveglio, saluta gli oggetti che ci sono (lavandino, sedie, armadio...). Quello è tutto il suo mondo, fuori c'è lo spezio che riesce a vedere solo da una piccola finestra sul tetto. L'unica distrazione è la tv, la scatola magica, che Jack crede contenga persone vere. Il bimbo però sta crescendo e inizia a fare domande alla madre che non sapendo come rispondere decide di dirgli la verità elaborando un piano per scappare finalmente dalla stanza.
Il film non è solo una storia triste e toccante di una ragazza rapita e segregata; è, purtroppo, una ricostruzione di un evento che fin troppo spesso sta accadendo nella società contemporanea (certo avveniva anche prima, ma non essendoci possibilità di denunciare non se ne veniva a conoscenza). Room è infatti l'adattamento del romanzo scritto da Emma Donoghue (anche sceneggiatrice) che si ispira al caso Fritzl di recente scoperta. La vicenda in questo caso è ambientata in una cittadina americana, zona apparentemente tranquilla in cui tutti si conoscono, ma dove un giorno la diciassettenne Joy non si presenta a scuola. Un uomo molto più grande di lei la rapisce per farne il desiderio delle sue fantasie. Joy da questo momento è sola; chiusa in un capanno, di cui non conosce il codice della porta blindata, è costretta a vivere giorno per giorno una monotonia senza fine. Ogni sera il "vecchio Nick" va a dormire da lei per poi andarsene la mattina; è prigioniera e nessuno sa dove si trovi. Un giorno dà alla luce Jack ("dono" che l'uomo non smette mai di ricordarle) e da quel momento la sua vita cambia; ora ha qualcosa per cui continuare a vivere, per cui lottare, qualcuno da proteggere dalla cattiveria del suo aguzzino. Il bimbo cresce così anno dopo anno pensando che quella, La Stanza, sia oltre che il suo mondo, tutto il mondo; oltre quelle quattro mura c'è lo spazio, luogo in qualche modo remoto e sconosciuto. A parte la madre le uniche persone che vede sono quelle in televisione, la scatola magica, capace di contenere uomini, animali e oggetti che Jack crede davvero abitino proprio lì dentro. 
Al compiere del suo quinto compleanno però qualcosa inizia a cambiare; Jack è un bambino curioso, fa domande intelligenti a sua madre, vuole sapere come funzionano le cose. Joy, dal canto suo, non ne può più di rimanere rinchiusa lì senza cure né libertà e coglie l'occasione per prendere in mano il suo destino e offrire la vita, quella vera, al figlio. Inizia da questo momento la trasformazione per entrambi, assumono una nuova consapevolezza: è arrivato il momento di agire. Dopo un'iniziale e comprensibile riluttanza del piccolo Joy mette a punto un piano per far uscire Jack dalla stanza e cercare quindi aiuto. Il bambino diventa ora il protagonista indiscusso del film; deve superare le sue paure, lasciare il mondo che fino a quel momento ha conosciuto e entrare nello spazio. E' una seconda nascita che equivale alla libertà; due destini nella mani di una creatura così piccola.
Il regista Abrahamson mostra con estrema delicatezza il passaggio dal micro, La Stanza, al macro, il mondo, attraverso gli occhi di un bambino che stupiti  guardano per la prima volta il cielo, il colore degli alberi, altre persone. Tutto, dal minimo dettaglio, viene colto per poter essere studiato; persino il desiderio più grande di Jack, avere un cane, può diventare realtà.
Il dramma psicologico che questo film racconta è tanto più forte perché a raccontarlo, seppur involontariamente, è un bimbo di cinque anni che, dopo aver guadagnato la libertà, deve essere ancora più forte per sostenere la madre che fatica a riabituarsi alla "normalità". Jack pertanto altro non è che un micro-supereroe di una macro-storia.
                                                                                                                                      4 e mezzo 


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