domenica 27 aprile 2014

Volver: il passato di Carmen torna e si unisce al presente di Penelope attraverso Pedro

Et voilà: parte numero 2 dedicata all'approfondimento su Almodovar! Ho deciso di partire, analizzando i suoi film, da quello che credo essere il mio preferito; ci ho pensato più o meno per un paio d'anni e sono arrivata alla conclusione che il suo film che amo di più è Volver. Ma non chiedetemi il perché, lo è e basta.
Volver è una storia di donne, donne sole, con una propria indipendenza, che si trovano a dover fare i conti con un passato non proprio passato. Soprattutto Raimunda è tra tutte quella che deve risolvere il maggior numero di problemi, non ultimo seppellire il corpo del marito ucciso dalla figlia per difendersi da un tentativo di violenza. Nel frattempo sua sorella Sole deve tornare al paese d'origine, ne La Mancia, per il funerale della zia e viene messa a conoscenza di tutta una serie di eventi paranormali che hanno a che fare con la morte, avvenuta anni prima, della madre Irene. Tuttavia la madre non è morta, anzi torna, nascosta nel bagagliaio dell'auto, a Madrid con Sole che deve nasconderla in casa finché Raimunda non la scopre. Non è tutto; Agustina, l'amica che vive al paese, è malata di cancro e come ultimo favore chiede a Raimunda di scoprire che fine ha fatto sua madre, scomparsa lo stesso giorno in cui sono morti i genitori delle due sorelle. Attraverso tutta una serie di espedienti, atti a mantenere nascosta la presenza ancora vivente di Irene, si assolvono tutte le promesse fatte riconciliandosi in questo modo con il passato.
Ora, dopo aver cercato di raccontare la trama senza svelare troppo, bisognerebbe subito guardare il film per capirlo... ma proverò ad analizzarlo e per farlo parto dal titolo: Volver, tornare. E' un titolo che nasconde più punti di lettura, non solo inerenti al film, ma anche alla personale carriera di Almodovar; eh sì perché dopo molto tempo ritorna a farsi dirigere da lui Carmen Maura, sua attrice feticcio, che aveva interrotto la collaborazione dopo Donne sull'orlo di una crisi di nervi. E' un ritorno questo importante perché sancisce la fine dei "conflitti" tra i due e apre la strada a nuove collaborazioni. (Ri)torna anche Penelope Cruz a cui viene affidato il ruolo di protagonista, di madre e moglie sola che deve risolvere i problemi di tutti perché dotata di quel particolare senso pratico tipico delle donne. E ritorna La Mancia, guarda a caso terra natia del regista, con il suo particolare vento caldo capace di annebbiare il buon senso della gente a favore dell'emergere delle passioni.
Ma soprattutto quello che torna è lo stile unico, profondo, sensibile di Almodovar; quello stile già emerso in Tutto su mia madre e La mala education. In questo caso si indaga fin nel profondo l'universo femminile, capace di auto-sostenersi senza la presenza maschile che anzi è ingombrante e dannosa (basti pensare solo al marito di Raimunda). Le tradizioni ancestrali si muovono in sintonia con lo scorrere del tempo presente, integrandosi pur mantenendo sempre la propria identità. Esse si incarnano nelle cinque donne protagoniste che, dalla più anziana alla più giovane, le tramandano continuando quel ciclo perpetuo, simbolo nell'antropologia, dell'essere donna e madre.
Almodovar ha da tempo capito il grande potere che una donna ha e qui lo mostra chiaramente, facendone un magnifico elogio, che gli vale a Cannes il premio per la Miglior sceneggiatura e per la Miglior interpretazione femminile (ex aequo tra tutte e cinque).


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