venerdì 30 maggio 2014

La mafia uccide solo d'estate (e nessuno lo dice)

Bonjour à tout le monde! Scusate l'assenza di un paio di giorni, stavo ponderando i post futuri... Per quanto riguarda oggi invece ho deciso di proporvi un film (italiano!), attuale, fatto da un regista giovane, che tratta un tema scottante in particolar modo per l'Italia: la mafia. L'opera in questione è la prima fatta da regista per Pif, ovvero Pierfrancesco Diliberto ex Iena e ideatore del programma Il Testimone, ed è La mafia uccide solo d'estate.
Da palermitano Pif sa meglio di altri cosa vuol dire convivere in una città, in una regione, in cui i clan mafiosi padroneggiano indiscussi su tutto e tutti. Ce lo mostra con uno stile particolare a metà tra il comico e il serio, usando per tutta la durata del film una voce narrante, la sua, per descrivere l'evolversi della storia.
Tutto inizia dal suo concepimento avvenuto, in questo caso grazie, ad un attentato mafioso a un clan nemico nella palazzina in cui si sono appena trasferiti i suoi. Da quel momento la sua vita, vista attraverso gli occhi dell'alter ego Arturo, si incrocerà con quella della mafia; nello specifico con quella del boss dei boss Totò Riina. Arturo cresce in una famiglia che, come il resto degli abitanti di Palermo e non solo, nega la presenza di cosche mafiose e anzi se la prende con chi invece lotta ogni giorno per cercare di preservare un ideale di giustizia; lui solo cerca di capire come funzionano realmente le cose incontrando personaggi che hanno fatto la storia italiana sacrificandosi come Giuliano, Dalla Chiesa, Chinnici... rifacendosi a colui che crede essere il modello da seguire Giulio Andreotti. Crescendo, di pari passo cresce anche la crudezza degli attentati mafiosi, prende sempre più coscienza di ciò che gli sta intorno: uno ad uno giudici, commissari, generali cadono sotto le bombe e i colpi di pistola mentre la popolazione guarda e non fa nulla, come non fa nulla (neanche andare ai funerali) il premier Andreotti. E' solo con le morti di Borsellino e Falcone che qualcosa inizia a smuoversi; i giovani scendono in piazza per manifestare apertamente contro la mafia, sono stanchi di sentire solo notizie di morte ai telegiornali, vogliono dare alla Sicilia un volto nuovo.
Dal film emerge chiaramente la necessità di mostrare apertamente quello che per tanti anni è stato celato dietro un velo di omertà, di mostrare volti con un nome e un cognome attraverso immagini e video di repertorio per fare in modo, o almeno tentare di aprire uno squarcio, che ciò non accada mai più. Nel tentativo di ricordare alla popolazione il sacrificio fatto da pochi coraggiosi la città di Palermo è costellata di targhe commemorative che troppo spesso vengono deturpate o addirittura fungono da cassonetto dei rifiuti. Nel finale del film Pif/Arturo porta il proprio figlio a vedere una per una queste lapidi, raccontandone la storia che c'è dietro in modo che cresca sapendo la verità, quella vera, completa senza omissioni.
Sulla parete di casa ormai non c'è più il poster di un solo uomo, Andreotti, ricordo lontano ma indelebile di un premier passivo e indifferente, ma quello di molti eroi che non si sono mai considerati tali perché, dicevano, "faccio solo il mio lavoro". 
Che il tutto venga raccontato in chiave comica, dove al centro c'è l'amore di Arturo per la sua vicina Flora, è un modo (criticato da molti) per stemperare, per non realizzare un'opera che sia simile a Gomorra, per mostrare la crudeltà della violenza senza effettivamente mostrarla ma non per questo renderla meno evidente. Fare un film che tratta un tema così "delicato" non è facile, ma Pif ci è riuscito molto bene, portando una ventata di aria nuova nel cinema italiano che, proprio grazie ai giovani registi, sta riprendendo la forza mostrata solo dal Neorealismo. Spero non sia la sua unica opera!

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