giovedì 15 maggio 2014

Quel gallo di Hellman

Bonjour mes chers! Mi è stato detto da fonti affidabili che non scrivo recensioni cattive.. è così perché quando vedo un film che non mi piace (e intendo che mi fa proprio schifo!) reputo quasi inutile annoiarvi con una serie di epiteti poco gentili sul suddetto film e relativo regista.
Però ho deciso di provare a fare qualcosa di simile scegliendo cioè un film che mi ha davvero disgustato, fatto da un regista che tuttavia è considerato, se non un genio, di notevole rilevanza, almeno nell'ambito dei B-movies americani: Monte Hellman e il suo Cockfighter.
Il film racconta la storia di Frank ossessionato dai combattimenti tra galli tanto da arrivare a decidere di non parlare più fino a quando non avrà vinto il titolo di Cockfighter of the Year per tanti anni cercato e mai ottenuto. E lo fa davvero; si isola in un mondo tutto suo basato solo e unicamente sull'addestramento del suo miglior gallo non curandosi più dei suoi amici, della sua fidanzata che lo vorrebbe dedito al lavoro e a lei e dei suoi averi. Vende tutto pur di gareggiare nel torneo annuale di combattimenti tra galli. Alla fine vincerà tornando a parlare, ma a che prezzo?
Alla sua uscita nel 1974 il film fu aspramente contestato negli Stati Uniti per tutte le scene contenenti scontri tra galli e per i tanti cadaveri (sempre di galli) mostrati. Addirittura è tuttora proibito nel Regno Unito perché con concorde con i canoni previsti dal Cinematograph Films (Animals) Act e non è neanche mai stato proiettato nelle sale italiane.
Tralasciando un momento questa polemica si nota come Hellman ha scelto di mostrare un tema antropologicamente molto indagato da studiosi come Geertz che hanno analizzato il fenomeno dei combattimenti tra galli molto praticati soprattutto a Bali. Questo rituale ha radici molto più profonde del solo scontro mortale tra due animali: mostra la virilità e la potenza maschile di fronte ad un suo simile; con la vittoria del proprio animale, e la conseguente morte dell'altro, il proprietario ha il diritto di essere acclamato come superiore al suo avversario, reclamando anche una parte della somma vinta tramite le scommesse. Ancora una volta si mostra lo spirito guerrafondaio e assassino per diletto che solo l'uomo ha in sé.
Se contenutisticamente il film non eccelle per trama e sviluppi anche lo stile non è da meno; piatto, privo di qualsiasi tipo di emozione e sentimentalismo se non quello che lo spettatore cerca da solo di mostrare per tutta quella moltitudine di pennuti inutilmente sacrificati.  Lo stesso protagonista nel suo mutismo non dà segni di avere un cuore. Che sia una scelta voluta o no dal regista o semplicemente un'opera riuscita male il film risulta essere monocorde.
Questo spirito per così dire "apatico", del non sapere cosa fare o che strada scegliere si riscontra anche negli altri sui film, partendo da quello che è considerato come il suo capolavoro La sparatoria, western atipico per gli stilemi del genere, per proseguire con Le colline blu, Strada a doppia corsia e così via. Unico elemento di collegamento tra tutti è il protagonista, l'attore feticcio di Hellman Warren Oates che ben interpreta questo senso di malessere.
Dopo la visione di uno dei suoi film non si è mai del tutto soddisfatti di quello che rimane; lasciano poco all'immaginazione e anche analizzandoli nello specifico se ne ricava ben poco.
Forse a qualcuno di voi piaceranno, a me di sicuro no!

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